la storia della forgia del “batafier di campagna” è legata agli uomini che fin dal 1400 hanno dato vita al paese di maniago, creando un economia basata sull’arte di dar forma a un pezzo di ferro. i fabbri coltellinai con sapienti passaggi e ingegnosi, quanto rudimentali strumenti, per secoli hanno creato oggetti da taglio.

l’”antica forgia lenarduzzi” è l’ultima lungo il corso della roggia che dal quindicesimo secolo fino agli anni ’70 ha alimentato circa una decina di battiferri ora in disuso.
il battiferro di “campagna” è stato da secoli “la casa” della famiglia lenarduzzi che di padre in figlio si sono tramandati segreti e tecniche di forgiatura e tempra dell’acciaio; qualcuno ha “forgiato” celeste che ha trasmesso la sua arte a giuseppe, padre di marino maestro dei figli ferrando e romeo da cui ho appreso il mestiere del fabbro.
l’”antica forgia lenarduzzi” vuole essere un tributo alle persone che hanno dedicato la propria vita ad un lavoro duro e massacrante, lavorando come animali senza godere tuttora di un giusto riconoscimento, i lenarduzzi rapresentano gli “anonimi” maniaghesi del cui lavoro si sono “fatti belli altri”.
il battiferro, un ambiente buio, caldo d’estate e freddo d’inverno, ha temprato e legato alle sue mura uomini che per necessità amore e passione hanno continuato a “tirare” (*2) con la maestria di un tempo e che in un momento storico in cui i valori di un tempo sono cosa rara, hanno tenuto in vita la storia che ha fatto importante nel mondo il mio piccolo paese, questo è il motivo per cui ho voluto dedicare il nome della mia piccola realtà ai lenarduzzi ed in realtà al mio paese.
l’attrezzatura, tutt’oggi di uso quotidiano, è una delle cose più affascinanti….. ogni strumento che utilizzo ha una storia di secoli, un nome friulano. ogni volta che un lavoro lo richiede, da secoli si forgia una nuova tenaglia, una nuova spina che si pone poi accanto a quella del nonno del nonno….
sul pavimento, vicino al maglio, sotto l’incudine vi sono decine e decine di spine che sembrano pezzetti di ferro insignificanti; in realtà alcune sono secolari e tuttora le utilizzo per forare l’acciaio incandescente…. ognuna ha un suo scopo, un suo passaggio, un momento preciso in cui essere utilizzata. solo chi le usa sa cercare tra le scorie e la polvere le quattro spine necessarie per realizzare il foro di quel determinato attrezzo.

il battiferro è un vero museo funzionante, l’acqua… è questa l’energia che lo alimenta
la roggia di maniago è stata realizzata secoli fa proprio per far girare le pale che mettevano in moto il volano che trasmetteva il movimento a magli e “mole cavallina” (la tradizionale grande mola per affilare) . quando dall’interno del battiferro si convoglia l’acqua alla turbina un lungo “perno” che attraversa le stanze inizia a girare: è così che ogni vecchia “macchina” mediante una “cenglon” (cinghia) viene messa in funzione . all’antica forgia tutto funziona ancora così.
l’arte del fabbro maniaghese è ancora individuata in paese da colui che aveva il compito di “tirare” al maglio. il martello, seppur presentando le sue difficoltà nell’uso, riduce al minimo la possibilità di errore e di dover buttare il pezzo in lavorazione, una cosa inammissibile fino cinquanta anni fa . fin da subito con i magli a testa d’asino si cercò di ovviare alla lentezza di forgia di martello e incudine, è qui che subito venne alla luce la figura della persona fulcro nel battiferro, quello che “tirava” , “tirava” meglio con precisione veloce e senza sbagliare. nacquero tecniche e passaggi, spine specifiche per varie fasi e ogni battiferro selezionò una o due persone che “tiravano” i pezzi per gli altri fabbri che sgrezzavano, tempravano e rifinivano.
al vecchio maglio non è facile comandare la forza, bisogna prevedere la velocità e ridurla o aumentarla anticipando le necessità del colpo forte o leggero…. il piede non è quasi mai fermo e impara con il tempo a far “correre” il martello più o meno velocemente. al maglio da 75 kg bisogna saper forgiare in pochi secondi un chiodo di pochi cm e in minuti una roncola…..