e proprio qui, il questo locale colmo di storia e di bellezza, matteo baronetto arriva nel 2014 diventando lo chef del ristorante riaperto dopo un meticoloso lavoro di restauro e rinnovo. originario di giaveno, alle porte di torino, baronetto matura le sue prime esperienze professionali presso la betulla di san bernardino di trana (to) per poi approdare alla corte di marchesi all’albereta di erbusco, dove ha modo di conoscere carlo cracco. seguirà quest’ultimo al ristorante le clivie di piobesi d’alba, e poi a milano, al cracco-peck, oggi ristorante cracco. preciso, meticoloso, rigoroso e a tratti schivo, come tutti i piemontesi, matteo baronetto propone una cucina che riscopre le tradizioni e lo fa con un’eleganza innata che rispetta alla perfezione il luogo in cui si trovano le cucine e il ristorante. non è un caso dunque che lo chef del cambio si sia letteralmente innamorato dei coltelli realizzati da michele massaro: “ho conosciuto questo grande artigiano – spiega – durante una passata edizione di ein prosit e avevo avuto occasione di ammirare i suoi coltelli da pino cuttaia.
sono oggetti preziosi (non solo per lo scopo del loro utilizzo), ma perché sono curati all’estremo: sono pratici, leggeri, versatili, comodi: uno strumento perfetto per il nostro lavoro”. i coltelli realizzati per baronetto sono tre, il numero esatto per massaro per poter permettere a un cuoco di realizzare ciò che gli serve. “abbiamo lavorato insieme – prosegue lo chef stellato – per trovare le giuste forme e i corretti materiali. il risultato è splendido: uno spelucchino (coltello corto); un trinciante di forma giapponese (gyuto da 20 cm) e un coltello lungo di forma giapponese in questo caso yanagiba da 27 cm. i manici dei coltelli sono in legno di albicocco, un legno autoctono, che mi piace molto, dalla incredibile fragranza”. la versatilità di questi strumenti da lavoro è una delle caratteristiche più apprezzate da baronetto che ne ama anche la resistenza: “il materiale del manico – prosegue – è frutto di una ricerca meticolosa che gli conferisce, come del resto la lama, parametri di grande artigianalità e leggerezza di utilizzo. per questo poi, i coltelli sono da accudire, occorre tenerli oliati per non farli arrugginire, in modo che siano sempre perfetti e pronti per l’utilizzo”. e per custodire al meglio le lame, michele massaro ha realizzato delle sacche in cuoio per la cui realizzazione occorrono due giorni di lavoro: si tratta di sacche realizzate a mano con tre strati di cuoio interno per salvare le cuciture; i coltelli si infilano infatti dalla parte della lama per proteggere il filo e non dal manico come nelle custodie standard. la sacca, visto il grande lavoro, non è realizzata abitualmente per ogni assegnazione: oggi la possiedono solo piergiorgio parini, enrico crippa, antonia klugman, pino cuttaia, mauro colagreco e matteo baronetto, ovviamente. “il lavoro di massaro – conclude lo chef torinese – mi ricorda molto quello di mio nonno che, da contadino, è stato uno degli ultimi a realizzare rastrelli in legno. si tratta ovviamente di due lavorazioni differenti, ma la sua ricerca del dettaglio, dei materiali giusti e l’eccezionale manualità mi hanno riportato indietro del tempo e mi hanno affascinato, proprio come mi affascinava vedere un tempo mio nonno al lavoro”.